Il tè di Ceylon
Chissà se la pianta del tè cresceva spontanea in Sri Lanka, prima che gli inglesi in epoca coloniale provassero a piantarcela, quel che è certo è che grazie al pioniere James Taylor e ad una fortuita malattia del caffè, la Camellia Sinensis ha trovato un habitat ideale in questa piccola isola tropicale.
Non che sia difficile far crescere il tè: è una pianta forte e robusta che resiste a tutti i climi più o meno tropicali, a diverse altitudini e a diversi tipi di suolo, ha bisogno solo di molta pioggia e di una temperatura costante nel corso dell’anno. E questo è proprio ciò che lo Sri Lanka ha da offrire: un territorio ricco e variegato, con una catena montuosa centrale che scende alternando alti e bassi piani, valli e pianure; una temperatura costante tutto l’anno che varia però molto salendo di altitudine, dai 28-32°C delle aree costiere ai 16°C del picco centrale di Nuwara-Eliya; e infine due monsoni stagionali che portano abbondanti piogge soffiando da sud-ovest tra aprile e settembre, e al contrario da nord-est tra dicembre e marzo. Queste particolari condizioni climatiche e topografiche, unite sicuramente ad un suolo particolarmente fertile e ricco, permettono raccolti continui e abbondanti, e donano al tè di Ceylon un ca- rattere unico e distintivo che si declina in varietà regionali molto diverse dal punto di vista organolettico.
Come tutti i prodotti agricoli, il tè è fortemente sensibile alle variabili dell’ambiente circostante: terreno, umidità, temperatura, precipitazioni, esposizione, altitudine influiscono significativamente sul prodotto finale, tanto che il tè raccolto in diverse zone della stessa piantagione o addirittura nella stessa zona in giorni diversi, può essere sensibilmente differente per un degustatore esperto. Immaginiamo quindi l’enorme diversità di aromi e sapori che può offrire un territorio piccolo ma variegato come quello dello Sri Lanka, l’unica isola al mondo dove le coltivazioni si estendono dal livello del mare alla cima delle montagne, e la stagione produttiva è praticamente continua grazie anche all’alternanza dei due monsoni. Scopriamo così che il tè è un po’ come il vino: una questione di specificità regionali e stagionali da riconoscere e proteggere.